
Mentre in edicola c’è il Gambero di Settembre con le mie ricette di pane, focaccia e grissini, io ho incontrato le Simili. Eh si, finalmente ho conosciuto le gemelle Valeria e Margherita dopo una vita che “studio” le loro ricette di pane e pasta fresca. Il pretesto era l’uscita del loro ultimo libro sulla “buona cucina di casa” e relativo articolo per il Gambero (per il numero di ottobre). Così nei giorni scorsi sono andata a Bologna, a casa loro, con un caldo afoso e un vento che, al sesto piano con vista sulle Due Torri, impediva di aprire le finestre. E’ stato un pomeriggio indimenticabile, ci siamo piaciute fin dal primo momento quando io ho sfoderato una copia di finger food (temevo un’eresia entrare nel tempio della cucina tradizionale con un titolo così “a rischio”) e loro hanno risposto con un prezioso pezzo del loro “bimbo”. Il bimbo nel loro saporito gergo, come sanno bene gli appassionati di panificazione casalinga, è il lievito madre, l’anima del pane a fermentazione naturale, ciò che regala profumo e caratteristico sapore alle pagnotte di pane casereccio ma per essere “tenuto in vita” va curato con amore e attenzione. Perciò Mita e Vale si sono volute sincerare che lo sapessi trattare. Dopo avermi spiegato dal vivo i movimenti da fare con l’impasto (mani leggere e delicate, mai creare buchi con le dita per non “stressare” il glutine, il cosidetto “lavorare coi pollici”) e le cose da non fare (mai usare la carta forno perché mi hanno detto “ci è antipatica, toglie il buono che si sviluppa tra l’impasto e la teglia e poi è uno spreco, bisognerebbe far più attenzione all’ecologia”) mi hanno fatto giurare che non comprerò più il pane. Credo che lo farò perché come dicono loro “fare il pane in casa è saggio, il pane è più buono e costa meno. Senza prosopopea”. Tutto il racconto dettagliato sarà in edicola il mese prossimo, nel frattempo riporto la ricetta del lievito di quelle “streghe delle Simili “o come sono state altrimenti definite, “quelle che hanno inventato il lievito madre”. E loro: va bene che siamo decrepite, ma dirci che abbiamo tremila anni!!!”
Lievito madre
L’ambiente ideale per lo sviluppo del lievito madre è quello delle cucine di una volta, cioè ricco di spore che permettono la formazione del lievito. Un ambiente dove ci siano frutta e verdura conservata all’aria, il tepore dei fornelli e delle madie, e dove preferibilmente si sia fatto da poco del pane, anche con lievito di birra (per catturare le spore rimaste nell’aria). Innanzitutto occorre della farina di grano duro (in termine tecnico si dice “forte”), da richiedere preferibilmente ai fornai.
Impastare: 200 g di farina; 90 g di acqua (preferibilmente minerale naturale non del rubinetto); un cucchiaio d’olio; un cucchiaio di miele (il più possibile naturale).
Mettere l’impasto in una ciotola coperta da un piatto e lasciar riposare due giorni riponendo (specie nelle prime ore) in un luogo tiepido. Se dopo 48 ore la pasta dà segni di vita, cioè è cresciuta, benissimo passare al punto 2; altrimenti prendere: 100 g di questo impasto; 100 g di farina; 45 g di acqua
impastare nuovamente e aspettare altre 48 ore sempre in ciotola coperta.
Questa operazione si chiama RINFRESCO e andrà poi fatta spesso, quasi ogni giorno (un po’ come quando si fa lo yogurt in casa). Tornando al lievito: sono passate 96 ore dall’inizio; se non è ancora successo niente bisogna buttare tutto e ricominciare daccapo.
punto 2
Se invece l’impasto è cresciuto e ha sollevato il piatto, si può dire di avere ottenuto finalmente il lievito naturale. L’odore sarà ancora acre e selvatico (di mosto, d’uva, di vino, di fermentato) e la consistenza morbida perciò non è ancora pronto, per una settimana bisognerà fare un RINFRESCO al giorno.
Con la parte in eccedenza (visto che ne servono solo 100 g per volta e il resto andrebbe buttato via; a proposito mai nel lavandino perché essendo materia viva può gonfiarsi e intasare gli scarichi) si può iniziare a provare qualche pane o focaccia, “aiutando” però l’impasto finale con qualche grammo di lievito di birra, un quarto di cubetto per un chilo di farina (non ha ancora grandi capacità lievitative, però darà un buon profumo).
Dopo una settimana il lievito madre è pronto, deve avere una consistenza dura e può essere conservato a temperatura ambiente (18-20°C) rinfrescandolo ogni due giorni, oppure in frigorifero, avvolto in un panno umido affinché non si secchi, rinfrescandolo ogni 4/5 giorni.
Esistono diverse ricette per utilizzare il lievito madre, in ogni caso la cosa più semplice è usarlo negli impasti al posto del lievito di birra, aumentando un bel po’ i tempi di lievitazione.
Per le dosi calcolare 1/3 del peso della farina (per 1,5 kg di farina usare 500 g di lievito madre).
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